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La famiglia Polizzi[1] costituisce un nobile lignaggio siciliano originato almeno nel XIV secolo. Questa famiglia rivestì differenti ruoli politico-militari nel corso della dominazione aragonese della Sicilia. Tra i suoi esponenti si annovera un prefetto della casa reale aragonese, dei capitani di giustizia, dei senatori, e membri di diversi ordini cavallereschi, come ad esempio Silvestro, nel 1730 membro dell'ordine monastico militare di Alcàntara.

Stemma della famiglia Polizzi
Blasonatura
Arma giusta d'oro a tre pali di rosso, che è d'Aragona, ritirati verso la punta, sormontati nel capo da una stella dello stesso colore, e corona di marchese.

Non meno rilevante della nobiltà di spada fu la nobiltà di toga, acquisita in particolare con la nomina regia, in vitalizio, di Vincenzo Polizzi a Maestro Razionale del Regno di Sicilia, nella seconda metà del Cinquecento. Il Polizzi, entrò nel Tribunale del Real Patrimonio, ufficio collegiale, avente funzioni di controllo, di registrazione e di giurisdizione in materia finanziaria e monetaria, composto da sei maestri razionali di nomina regia. Questi avevano la supervisione di tutti gli affari finanziari e di tutta la contabilità degli altri ufficiali pecuniari, partecipavano alle sedute del Sacro regio consiglio con parere vincolante sulla loro materia, e spesso corrispondevano direttamente con il sovrano senza passare attraverso il viceré. Altro membro del Sacro regio consiglio, negli stessi anni, fu Giovanni Bartolomeo Polizzi come giudice della regia Gran corte civile, carica però solo biennale.

Tra gli altri furono cavalieri di Malta: Antonio Polizzi, regio milite per investitura di Ferdinando II di Aragona[2], cavaliere di Rodi nel 1495, Giuseppe Polizzi, cavaliere di Rodi nel 1496, Lorenzo Maria, intorno al 1590, Domenico, Gaspare, Silvestro e Giuseppe dei marchesi di Sorrentino, nel XVIII secolo. Francesco Polizzi fu nel 1790 cavaliere dell'Ordine dello Speron d'Oro, con relativo titolo personale di Conte Palatino e nobiltà generica per i discendenti.[3]

Secondo i genealogisti del passato la famiglia Polizzi "godette nobiltà in Palermo, Castrogiovanni, Traina, Messina, Randazzo, ecc."[4], "un ramo secondario passò in Caltagirone, da dove si diramò in Catania".[5] Il Mugnos individua diverse linee di discendenza derivate da un Pietro vissuto nel Quattrocento: "Questi Pietro Polizzi fu padre d'Antonio, che fu Secretario del Regno nel 1495 che procreó à Pietro Paulo Leggista, il quale anche a Vicenzo ,e costui al dottor don Nicolo che fu padre di don Gaspare, e i predetti procrearono molt'altri figli che furono progenitori di molte case della loro famiglia in Sicilia".[6] Il dottor Don Cola o Nicola figlio di Vincenzo - il Maestro razionale - è ripreso dal Mugnos in altro passo come padre di Lorenzo, che da altre fonti sappiamo appartenere al ramo di Castrogiovanni.[7]

Del ramo iniziato nel Cinquecento in Alcamo da Stefano, si sa solamente che il figlio Vincenzo, noto giureconsulto, nacque in Cerami, fu sempre ascritto al ceto nobile, con parentele di rilievo, come ad esempio i Tornamira, i Patti e i Colonna-Romano, usò fino in epoca borbonica il titolo ufficiale di cavaliere ereditario e ufficioso di "barone"; si può dunque presumere che derivasse, dalla medesima famiglia nobile.[8]

Studi più recenti hanno approfondito la conoscenza del ramo di Troina,[9] da cui discesero i marchesi di Sorrentino e Motta Camastra, e quello di Castrogiovanni da cui discesero i baroni del Pizzuto, questi ultimi possessori di feudi e rendite feudali anche nel Marchesato di Geraci.[10]

Resta invece ipotetica l'appartenenza dei Polizzi di Gerace e Napoli al medesimo ceppo siciliano, sembrerebbe fondata solo sull'uso del medesimo scudo araldico e sulla notizia di un attestato di nobiltà generosa (200 anni) richiesto a Palermo da un Polizzi napoletano a fine Settecento.


Origini


L'etimologia del cognome deriverebbe dal piccolo comune di Polizzi Generosa in provincia di Palermo, il cui toponimo, a sua volta, ha origini greche (bizantine) nel termine polis (città).[11]

Un documento di dubbia autenticità, ovvero un diploma d'investitura dato a Napoli da re Carlo I d'Angiò risalente all'anno 1272, concerne Simone da Polizzi, nominato castellano di Castrogiovanni e addobbato regio cavaliere con gli ornamenti del Cingolo Militare (una tracolla di cuoio e seta rossa reggente la spada) e degli speroni d'oro.[12] Al novello cavaliere sarebbe pur stato concesso, in tal occasione, lo scudo araldico di verde al castello di tre torri sormontato da tre gigli, il tutto d'oro. Nella stessa carica di castellano di Castrogiovanni sarebbe succeduto nel 1398 il pronipote Filippo Polizzi, per i servizi resi alla monarchia aragonese nella riconquista del castello di Calascibetta, sottratto alla fazione ribelle dei Chiaromonte[13]

I Polizzi, o meglio da Polizzi poiché all'epoca non era ancora un cognome, sembrano insediati già da tempo nell'Agrigentino nel 1365, quando vengono citate delle proprietà che portano il nome di un tale ser Frisone: la “Muntagna di siri Frixuni” e la “contrata que dicitur siri Frixoni” , beni appartenuti al figlio Ruggero di Frisone e poi venduti al medico Gerardo da Terrana. Altro figlio di ser Frisone fu Simone da Polizzi - “figlio di Frixuni de Policzi” - che viene ricordato in privilegi di re Martino del 10 maggio 1399 e dell'8 maggio 1400, in cui si restituiscono i beni a Simone – vassallo del castello di Burraiti sempre nell'Agrigentino - e al già ribelle Luca Formosa, barone di Canicattì, patrono di Simone e a sua volta accolito del ribelle marchese fu Guglielmo Raimondo III Moncada.[14] Con ogni probabilità ser Frisone fu un ricco proprietario esercente il notariato - con il caratteristico titolo di 'ser' - probabilmente lo stesso Frisone da Polizzi figlio del notaio Giovanni da Polizzi (già defunto nell'anno 1351 e anch'esso agrigentino) e fratello di altro Simone.[15]

In effetti, secondo il genealogista del XVII secolo Filadelfo Mugnos, il capostipite della famiglia sarebbe stato un Simone/Ximenio da Polizzi, agrigentino, che "per militari servigi dal Re Federico III ricevette il feudo di Burraiti a Girgenti" (Agrigento). Questo è confermato dall'atto della Cancelleria del Regno di Sicilia del 14 febbraio 1375: Federico IV di Sicilia concede il feudo Burraiti, posto in Val di Agrigento presso il feudo Grancifuni, Fabaria e Misilini, a Simone da Polizzi, essendo morto, senza figli legittimi, Manfredi Calcia, figlio ed erede del milite Manfredi Calcia. Burraiti all'epoca era un castelletto-masseria disabitato (a parte il massaro e i famigli), nell'attuale territorio di Favara, con un reddito fiscale di 15 once d'oro annue e l'obbligo del servizio militare di un cavallo alforato (munito di barde di ferro e cuoio, con sopra il cavaliere protetto da un'armatura leggera). L'asse ereditario dei Calcia - procuratori dei potenti Chiaromonte - comprendeva in Agrigento un palazzo, adiacente a altro palazzo posseduto per metà in condominio ossia l'hospicium detto La Turri e una taverna nella piazza principale della città detta La Mirguliate.[16]

Simone fu privato del feudo di Burraiti nel 1390, quando fu concesso a Giovanni Margarit, il quale però vi rinunciò immediatamente. L'8 giugno 1393 re Martino riconcesse i diritti sul feudo a Simone da Polizzi. Per poi riprivarlo del feudo per la presunte adesione di Simone alla ribellione del citato Guglielmo Raimondo III Moncada, marchese di Malta e conte di Augusta, Adernò, Caltanissetta e Sclafani.[17] Il Moncada, peraltro, circondava il castello di Simone del quale probabilmente fu pur suo signore feudale, possedendo Naro, Favara e Sant'Angelo Muxaro. Nel 1397 il Moncada scatenò una ribellione contro la monarchia, che aveva sempre appoggiato, e riuscì a coinvolgere anche altri baroni, tra i quali Antonio Ventimiglia, conte di Collesano, e Bartolomeo d'Aragona, conte di Cammarata. Il malumore del Moncada contro i Martini fu causato dall'esclusione dal Consiglio regio, che si era formato quando Martino il Vecchio era tornato in Aragona, e dal catalano Bernardo Cabrera, conte di Modica e grande ammiraglio, che aveva egemonizzato il regno. Simone e il Moncada furono dichiarati ribelli da una sentenza della Gran Corte riunitasi alla presenza di re Martino; al marchese di Malta, governatore regio di Agrigento, gli fu tolta la carica di gran giustiziere e gli furono confiscati tutti i beni; tra questi la Guastanella, il feudo di «Rayalthurco», la terra di «Petra Jancasii», la «terra et castrum Muxari» (Sant'Angelo Muxaro) che fu infeudata alla famiglia de Marinis, «Petra Calathasunderij» che andò a Tommaso de Azinellis.

Il feudo di Simone fu richiesto al re da Vitale de Filesio, vice-secreto di Agrigento a risarcimento dei danni subiti durante la rivolta dei Chiaromonte del 1393 e la successiva del Moncada, ma appurata l'innocenza di Simone da Polizzi si aprì un contenzioso presso la Magna Regia Curia, tra il vice-secreto e Simone medesimo. La causa fu composta con l'intervento di amici comuni, la donazione a favore di Vitale fu annullata e con privilegio del 10 maggio 1399 Martino I ordinò al capitano e al secreto di Agrigento di mantenere Simone in possesso del feudo.[18].

Simone ebbe a sposare Bartolomea Lombardo di alto ceto nobiliare.[19] Rientrato successivamente in possesso del feudo di Burraiti, i diritti successori furono portati in dote da Apollonia, figlia di Simone Polizzi già defunto nel 1400, al barone palermitano Nicola da Caltagirone.


Vicende nei secoli XVI-XIX


Cortile interno del Palazzo Perremuto in Caltagirone, secoli XVI-XVII. L'edificio fu posseduto dalla duchessa Brigida Polizzi Perremuto, che lo portò in dote nei primi decenni dell'Ottocento al marito duca Paolino Crescimanno. La ricca biblioteca conserva numerose opere musicali che ispirarono l'educazione del figlio Gaetano Crescimanno Polizzi, noto compositore di opere liriche.
Cortile interno del Palazzo Perremuto in Caltagirone, secoli XVI-XVII. L'edificio fu posseduto dalla duchessa Brigida Polizzi Perremuto, che lo portò in dote nei primi decenni dell'Ottocento al marito duca Paolino Crescimanno. La ricca biblioteca conserva numerose opere musicali che ispirarono l'educazione del figlio Gaetano Crescimanno Polizzi, noto compositore di opere liriche.

Come risulta dal verbale di una visita pastorale della diocesi di Gerace, dell'anno 1541, le condizioni strutturali della chiesa di S. Marina di Bianco risultarono precarie, tanto da indurre il vescovo a minacciare l'abate rettore Pietro Paolo Polizzi della scomunica e della pena di dieci rotoli di cera, se non avesse provveduto a ripararla. Due anni dopo, la chiesa si trovava ancora nelle medesime condizioni per cui al Polizzi che "apparteneva ad una tra le più nobili ed importanti famiglie del luogo"[20] furono inflitte le pene promessegli. L'abate Polizzi non se ne curò ed evitò di presentarsi davanti al vescovo Andrea Candida che, il 18 gennaio 1553, giunse a Bianco per una nuova visita pastorale.

Lorenzo Maria Polizzi da Castrogiovanni, dottore e cavaliere dell'Ordine di Malta, fonda nel 1590 il convento dei Filippini in Valguarnera Caropepe, con l'appoggio del barone Giuseppe Grimaldi da Messina. La congregazione di Valguarnera - prima congregazione oratoriana insediatasi in Sicilia - in onore della miracolosa apparizione della Madonna, fu consacrata a Maria SS. della Grazia. Della Madonna delle Grazie esiste in loco ancor oggi un quadro, si pensa portato dal Polizzi nella chiesa del Boccone del Povero e poi trasferito in apposita cappella.[21]

In Castrogiovanni, nel 1673, i servi del cavalier Federico Leto e di Francesco Polizzi, barone del Pizzuto, dovendo comprare della carne, ognuno per la casa che serviva, pretendevano la precedenza, per cui si scendeva fra loro ad un accalorato diverbio, che si faceva risalire ai rispettivi signori. I padroni, ritenutisi offesi, cominciarono a rumoreggiare e organizzare la vendetta. Si preparavano scambievolmente ad una riparazione di sangue. Il 9 aprile del medesimo anno, giorno di domenica, nel piano del Duomo, vicino al monastero di S. Michele, l'uno si trovava di fronte all'altro. Allora, l'uno armato di spadino e l'altro di pistola, si affrontarono bruscamente e uccisero. Si arrivò poi a un accordo, detto della Pace, dividendosi in città a turni settimanali la precedenza tra le due famiglie principali.[22]

I guardiani del bestiame del marchese di Motta Camastra, Gaspare Polizzi, il 3 luglio 1828 minacciano l'usciere Brunamonte che procedeva al pignoramento del bestiame. Il giudice circondariale di Randazzo, don Pasquale Andronaco, redige il 15 dicembre 1828 un rapporto sullo stato politico della cittadina, e sui due partiti che vi si confrontavano; capitanati uno dal barone Antonino Fisauli, barone Giulio Caldarera, Matteo Ribizzi e Francesco Finocchiaro, e l'altro dai cavalieri Giuseppe e Mariano Polizzi - fratelli del marchese Gaspare - e da Salvatore Amato, Ignazio Ruggeri e Pietro Dilettoso.[23]

Il 10 ottobre 1837 il re e la regina furono ospiti in Caltagirone nel palazzo di Brigida Polizzi, duchessa di Albafiorita. Il successivo 14 ottobre la corte e il re Ferdinando II delle Due Sicilie - in viaggio per Palermo - furono ospiti in Castrogiovanni nel palazzo del barone Vincenzo Polizzi.[24]

Il cav. Vincenzo Polizzi, figlio di Antonio barone del Pizzuto, è assessore del comune di Castrogiovanni - in provincia di Caltanissetta - dal 1878 a 1880, nella giunta del cav. Giovanni Roxas, sindaco di ispirazioni crispine. Al 1º luglio 1881 il Polizzi è nominato presidente del consiglio comunale, come consigliere anziano, e poi eletto assessore anziano con funzioni di sindaco cittadino. Vincenzo Polizzi è successivamente sindaco di Castrogiovanni nei periodi 1882 - 1885 e 1890 (dimissioni del 26 giugno 1890). Nel 1891 entra nel consiglio comunale anche Francesco Polizzi, barone del Pizzuto, figlio di Vincenzo. Quest'ultimo - dopo le dimissioni da sindaco - tornerà a essere consigliere comunale sino al 1897.[25]


Esponenti


La discendenza dei Polizzi continuò con Berardo, fratello di Simone I barone di Burraiti, il quale ebbe i tre figli Simone II, Nicolò e Filippo. Nicolò o Cola Polizzi risulta esser familiare di re Martino, il quale gli destinò dieci once d'oro di riscatto quando il Polizzi cadde prigioniero dei pirati barbareschi.[26] Filippo si trasferì da Agrigento a Troina, dando vita al lignaggio che si svilupperà successivamente in Caltagirone, Randazzo e Catania.[27] Altra linea dei Polizzi in Troina deriverebbe da Giovanni - figlio di Guglielmo e nipote di Pietro altro fratello di Simone I - giurato di Troina per nomina regia nel 1401:

«[...] quando il serenissimo Re Federico nel 1374 concesse a Simone Polizzi, Cavaliere d'Agrigento, il feudo di Burraiti, la di cui successione passata in Pietro Polizzi suo fratello, e da questi in Guglielmo e susseguente[me]nte in Giovanni suoi discendenti, fosse questo nel 1401 dal serenissimo Re Martino destinato per Giurato di questa Città di Troina [...] Che dovrei dire poi di tanti Illustri suoi successori? Come d'un Guglielmo mandato da Re Martino, qual suo Regio Familiare, ad Ambasciatore in Barcellona, d'un Bartolomeo Polizzi mandato nel 1392 Ambasciatore in Catalogna? Fratanto che Giovanni, figlio di D. Guglielmo, e suoi successori, occupavano le cariche Nobili tutte di questa città, e godeano di molte onorevoli assegnazioni in compenso di tanti meriti. E di una fra le altre dal serenissimo Re Martino in 60 onze di oro annuali sopra la Segrezia di Randazzo.»

(Bonanno. pp. III-IV.)

Da Simone II e Nicolò, inizialmente stabiliti in Agrigento, ebbero origine i rami di Messina e Castrogiovanni, successivamente diffusi in Palermo e in altre città dell'Isola, nonché, sembrerebbe, in Calabria e Napoli. Da Castrogiovanni, nel Cinquecento, la famiglia si diffuse in Piazza Armerina, dove nel secolo successivo fu edificata la cappella Polizzi all'interno della chiesa francescana di S. Pietro. Nel medesimo edificio religioso il blasone dei Polizzi è unito a quello dei Trigona, marchesi di San Cono. Nel 1654 la famiglia nobile Polizzi da Piazza è dichiarata estinta dallo storico gesuita Giovanni Paolo Chiarandà.[28]

Il blasone apposto sul sepolcro di Giovan Tommaso II Polizzi, nella chiesa si S. Pietro, in piazza Armerina, nel 1582.
Il blasone apposto sul sepolcro di Giovan Tommaso II Polizzi, nella chiesa si S. Pietro, in piazza Armerina, nel 1582.

Tra gli esponenti della famiglia[29] si segnalano:


Polizzi di Castrogiovanni, Messina, Piazza Armerina, Palermo e Alcamo


Il Cav. Don Giovanni Polizzi (alias Polizzy, 11 novembre 1787 - 6 marzo 1869), figlio del brigadiere generale Vincenzo Polizzi, in divisa di maggior generale del Regno d'Italia, già tenente generale del Regno delle Due Sicilie. Giovanni fu addetto alla selezione degli ufficiali borbonici da ammettere nel Regio Esercito.
Il Cav. Don Giovanni Polizzi (alias Polizzy, 11 novembre 1787 - 6 marzo 1869), figlio del brigadiere generale Vincenzo Polizzi, in divisa di maggior generale del Regno d'Italia, già tenente generale del Regno delle Due Sicilie. Giovanni fu addetto alla selezione degli ufficiali borbonici da ammettere nel Regio Esercito.

Tra i discendenti di Simone II e Nicolò che si diffusero in Messina e nella Sicilia centro-occidentale si annoverano:

Il frontespizio dell'opera farmacologica De quinta essentia solutiva, pubblicata a Palermo dal medico Antonino Polizzi nel 1613.
Il frontespizio dell'opera farmacologica De quinta essentia solutiva, pubblicata a Palermo dal medico Antonino Polizzi nel 1613.

Polizzi di Troina, Caltagirone, Randazzo e Catania


Un ramo secondario della famiglia, come accennato, si trasferì nella Sicilia orientale, in particolare a Troina e poi a Caltagirone. I discendenti di Filippo I Polizzi li ritroviamo infatti in Troina, membri delle mastre notarili e giudiziali per tutto il Quattrocento.[41]

Il Villabianca riporta l'iscrizione tombale di Paolo Polizzi in S. Giuliano di Caltagirone, defunto a 73 anni nel 1626, con dedica del fratello Girolamo.[43]


I Polizzi ramo napoletano, una dinastia militare


Il sepolcro di Ottavio e Felice Polizzi scolpito nel 1599 da Lorenzo Calamech, nel duomo di Gerace. Da un prezioso atto notarile del 1599 risulta che lo scalpellino Giovambattista Lucifero fu incaricato nel 1597 di ornare la cappella gentilizia dei Polizzi nel duomo di Gerace, ma lasciò l'incarico per la tomba all'amico Calamech da Messina. Il sepolcro, in marmo di Carrara e petra miscia di Taormina, fu pagato allo scultore 180 ducati d'oro messinesi.[63]
Il sepolcro di Ottavio e Felice Polizzi scolpito nel 1599 da Lorenzo Calamech, nel duomo di Gerace. Da un prezioso atto notarile del 1599 risulta che lo scalpellino Giovambattista Lucifero fu incaricato nel 1597 di ornare la cappella gentilizia dei Polizzi nel duomo di Gerace, ma lasciò l'incarico per la tomba all'amico Calamech da Messina. Il sepolcro, in marmo di Carrara e "petra miscia" di Taormina, fu pagato allo scultore 180 ducati d'oro messinesi.[63]
Sua Eccellenza Don Vincenzo Polizzi (alias Polizzy), cavaliere di gran croce del Reale ordine di San Ferdinando e del merito, pluridecorato brigadiere generale del Regno delle Due Sicilie, nato nel 1815 da Giovanni di Vincenzo Polizzi, tenente generale borbonico, fu arrestato in Napoli dai Piemontesi l'8 agosto 1861, degradato a tenente-colonnello, ricevette una pensione di lire 2040 annue con decreto del Regno d'Italia del 22 dicembre 1861.
Sua Eccellenza Don Vincenzo Polizzi (alias Polizzy), cavaliere di gran croce del Reale ordine di San Ferdinando e del merito, pluridecorato brigadiere generale del Regno delle Due Sicilie, nato nel 1815 da Giovanni di Vincenzo Polizzi, tenente generale borbonico, fu arrestato in Napoli dai Piemontesi l'8 agosto 1861, degradato a tenente-colonnello, ricevette una pensione di lire 2040 annue con decreto del Regno d'Italia del 22 dicembre 1861.

Don Giovanni Polizzi (Napoli, 11 novembre 1787 - Napoli, 6 marzo 1869). Figlio del brigadiere generale Vincenzo, Giovanni iniziò la sua carriera come volontario nel Reggimento Real Carolina nel 1802 e contemporaneamente come Paggio di Corte. Nominato alfiere di fanteria nel 1806, fra il 1808 e il 1814 partecipa alla Guerra d'indipendenza spagnola, inquadrato nella Brigata siciliana, sotto l'alto comando del Duca di Wellington, combattendo in diverse battaglie, come quelle di Talavera, Castalla e all'assedio di Tarragona. Rientrato a Napoli, con la restaurazione borbonica, nel 1819 è nominato capitano e Cavaliere di diritto del Reale e militare ordine di San Giorgio della Riunione.

Intorno al 1814, Giovanni sposa Maria Garzia. Maria fu figlia di Giuseppe Garzia (1765 - 6 giugno 1851)- dei baroni di Limosano, Macchia d'Isernia, Cerro al Volturno e Scapoli - e di Maria Teresa Dieffebrun - e sorella del colonnello Stanislao Garzia, cavaliere dell'ordine di S. Ludovico di Parma. Giuseppe Garzia, il padre di Maria, fu tenente generale e Ministro della Guerra e Marina (22 gennaio 1848), cavaliere di gran croce del Reale Ordine di Francesco I, commendatore dell'Ordine costantiniano di San Giorgio (Napoli), cavaliere dell'Ordine di San Stanislao (Russia) e del Reale ordine di San Ferdinando e del merito.

Nel 1840, Giovanni Polizzi assume l'incarico di Sotto-ispettore di Artiglieria e Presidente della Giunta di verifica delle bocche da fuoco. Nel 1841 è promosso maggiore del Reggimento Re Artiglieria. Nella solenne parata dell'8 settembre 1842, come tenente colonnello, Giovanni è al comando della Brigata della Guardia di sicurezza, costituita da quattro battaglioni, poi, il 15 maggio 1844, è inviato come comandante della Direzione militare di Siracusa. Nominato colonnello di artiglieria il 10 maggio 1850, Giovanni regge l'incarico di Ispettore del Real Collegio militare e Officio topografico nonché Direttore della Scuola pratico-teorica d'Artiglieria di Capua. Dopo una lunga carriera nell'Arma di artiglieria, il Polizzi fu promosso brigadiere generale il 21 dicembre 1855, e da allora si occupò della ispezione del personale dei Corpi facoltativi (Artiglieria e Genio). Il 18 giugno 1860, Giovanni fu promosso maresciallo di campo e nominato comandante della Provincia e piazza di Napoli dove permise disordini e aggressioni ai posti di polizia. Per la sua negligenza fu sostituito il 2 luglio e rinviato all'Ispezione di artiglieria. Entrato Garibaldi in Napoli, il Polizzi si mise a sua disposizione, e il governo dittatoriale lo nominò maggior generale e comandante generale dell'Arma di Artiglieria. Per la profonda conoscenza del personale, Giovanni fu accettato nell'Esercito italiano come effettivo, nonostante i suoi settantadue anni. Fu utilizzato dai Piemontesi in Torino, per l'ammissione all'Esercito italiano degli ufficiali di artiglieria borbonici, comportandosi in maniera spietata nei confronti dei suoi ex commilitoni. Terminato l'incarico fu subito messo a riposo. Il 18 aprile 1861 il deputato Bettino Ricasoli così ricostruisce tali avvenimenti in una sua interpellanza parlamentare:

«Sui sessanta e più ufficiali generali, se eccettuate i generali De Sauget e Topputi, sei soli sono quelli che furono ammessi nell'Esercito, ossia Negri e Polizzi d'artiglieria, l'uno ispettore e l'altro comandante generale dell'Arma, nominati a tali cariche dal Governo dittatoriale; Gonzales e Sponzilli, l'uno ispettore e l'altro direttore dell'Arma del genio, e questi quattro generali sono destinati in Torino ai Comitati delle armi rispettive, sia pei loro talenti, come pei loro consigli, dei quali abbisogniamo per tutto ciò che esiste o vogliasi fondare nelle piazze, negli arsenali ed in tutti gli opifizi di guerra esistenti in quell'antico regno.»

Nei secoli seguenti è possibile che i Polizzi rimasti in Calabria, da Bianco si siano trasferiti a Mesoraca e Petronà. Nel Settecento e Ottocento tennero la carica di sindaco di Mesoraca (Pietro Polizzi nel 1776 e Domenico nel 1832), dove sembra già nel Seicento disponessero di un palazzo, che oggi il locale comune vuole acquistare dagli eredi Alessio. Diverse fonti danno i Polizzi di Mesoraca ascritti al ceto nobile, lo riporta lo stesso Stendhal, nelle Chroniques italiennes. Usarono nell'Ottocento anche la forma cognominale Pollizzi, ma trattasi di deformazione dialettale. Nelle carte del Comune di Mesoraca si parla di "Palazzo Polizzi" e non Pollizzi, egualmente la Corte costituzionale nell'ord. n. 17 del 1963 riferisce la forma Polizzi - in relazione alla nobildonna Mariangela di Luigi Polizzi - e la Gazzetta ufficiale - n. 297 del 28/12/1951 - conferma pur essa la forma Polizzi - in riferimento a donna Mariangela e alla sorella donna Maria Stella.


Alleanze matrimoniali


Sull'argomento, così si esprime il Bonanno, nel 1788, rivolgendosi al marchese Polizzi di Sorrentino:

«"Io però per dimostrarlo mi contenterò soltanto riferire, che la vostra Illustre Famiglia abbia in ogni tempo date e ricevute spose da più rispettabili casati del Regno, Padroni di vassallaggi, come dalle chiarissime Famiglie di Montaperto, di Napoli, di Russo Principi di Cerami, di Scammacca, ed altre moltissime, segni tutti evidentissimi della durazione del natio suo lustro, e punti insieme tutti riconosciuti, e rigorosamente esaminati dall'Illustre Religione Gerosolimitana, in occasione di aver ricevuti per suoi Cavalieri più cong[i]onti di V. S., come più distesamente trovasi descritto nel decorso di quest'Opera [...]"»

(Bonanno, p. IV.)

Il Palazzo della Tavola regia a Palermo


Il palazzo della famiglia Polizzi ai Quattro Canti di Palermo.
Il palazzo della famiglia Polizzi ai Quattro Canti di Palermo.

Il palazzo risale alla fine del Cinquecento come sede della Tavola Regia, il Banco del Regno. L'edificio fu costruito in uno dei Quattro Canti del "Teatro del Sole", punto strategico della città. Nelle nicchie le statue che rappresentano l'Autunno, opera di Nunzio La Mattina; al centro Filippo IV realizzato da Carlo D'Aprile; in alto S. Oliva. Nel 1617 l'immobile fu acquistato e abbellito dai Polizzi. Il manufatto interpreta la tipologia delle dimore del periodo barocco.

Nel corpo basso si trovano le botteghe e un mezzanino destinato ad abitazione della servitù, oltre ad alcune stanze per il personale addetto all'amministrazione dei feudi. Il piano nobile risalta per dimensioni e ricchezza decorativa, caratterizzato da balconi a "petto d'oca" sporgenti su mensoloni in pietra. Il secondo piano fu adibito per i figli cadetti e come foresteria per gli ospiti. Morto Francesco Polizzi e Napoli, sul finire del Settecento, la proprietà fu ereditata da Antonio di Napoli, maestro razionale, che la lasciò in eredità al nipote Carlo Maria di Napoli, principe di Resuttano. Attualmente, a ristrutturazione ultimata, la dimora ospiterà la Galleria d'Arte Contemporanea "Francesco Pantaleone" e una biblioteca che conta tremila volumi di argomento storico-artistico.[80]


Il Palazzo Perremuto e la Casa Polizzi delle Quattro stagioni a Caltagirone


Il Palazzo Perremuto risalente al XVI secolo, appartenne inizialmente ai Bonanno baroni di Poggiodiano, nel 1703 il palazzo fu acquistato dal nobile don Federico Perremuto, al quale successero nel 1751 i figli: Paolo, Palma e Remigia, morto Paolo le sorelle assegnarono la casa alla nipote Brigida Polizzi Perremuto, duchessa di Albafiorita (feudi Caccione, Belvedere e Pietrevive presso Caltagirone), dei marchesi di Sorrentino. La casa conserva una ricca quadreria di famiglia, una sala con arredi seicenteschi, molte figurine della bottega Bongiovanni-Vaccaro e ceramiche sette-ottocentesche. Il palazzo è caratterizzato da bellissime sale che si affacciano su Piazza Umberto, ricche di buoni dipinti e tappezzerie. Si è a lungo conservato il talamo dove Ferdinando II e Maria Teresa d'Asburgo-Teschen dormirono la notte del 10 ottobre 1837, ospiti della duchessa Brigida Polizzi e del duca Paolino Crescimanno. Il palazzo negli anni Trenta del Novecento fu innalzato di un piano.

La Casa Polizzi fu edificata nel 1908 su progetto dell'architetto Saverio Fragapane. La casa fu di diversi condomini; l'architetto realizza una facciata di grande effetto, occulta i diversi ingressi del piano terra con due corpi laterali leggermente avanzati, collegati da un elegante loggiato con colonne. La facciata è caratterizzata da elementi vegetali in stile Liberty e quattro tondi raffigurano le quattro stagioni.


Titoli nobiliari, feudi e proprietà


Blasone adottato dalla famiglia Polizzi di Castrogiovanni nel XIX secolo.
Blasone adottato dalla famiglia Polizzi di Castrogiovanni nel XIX secolo.

Il marchese Silvestro II Polizzi fu regio amministratore della cattedrale di Troina, tra il 1731 e il 1743, detenendo inoltre i feudi di Schiavuni, Marcato di Salici e Mezzalora - per il canone annuo di 55 onze e un cantaro di formaggio - per concessione dell'abate commendatario del monastero di S. Silvestro di Troina. Lo stesso marchese conduceva il podere del monastero di S. Caterina di Linguaglossa nel territorio di Troina, per un canone annuo di onze 2.20. Il dominus Giuseppe Polizzi conduceva contemporaneamente il podere di Virzetto e altre vigne del monastero di S. Michele di Troina.[87]

Il castello di Calatubo, utilizzato come masseria per le mandrie dei baroni Polizzi da Alcamo nell'Ottocento.
Il castello di Calatubo, utilizzato come masseria per le mandrie dei baroni Polizzi da Alcamo nell'Ottocento.

«è distante dal mare miglia venti, e la strada, che a questo conduce, comincia dal Piano della Ficara , e di là si prosiegue per Muganapi, Solecchiata, Cerro, Linguaglossa, Piedimonte, mare . Né è facile trovare un cammino men disagevole di questo. In un taglio fattosene verso il 1770 dal Marchese Polizzi di Randazzo, il legno trasportossi al mare sui carri, ed anche a tratto di bovi. Ma si sa che ciò gli costò la perdita di circa scudi venti mila. D'allora in poi non si è fatto altro taglio, menchè del legno di real Servigio, e di quello di cui giornalmente fan uso gli abitanti di Castiglione.»

(Scuderi, p. 113.)

Arma


Blasonatura: "Arma giusta d'oro a tre pali di rosso, che è d'Aragona, ritirati verso la punta, sormontati nel capo da una stella dello stesso colore, e corona di marchese"[29] "Alias: di verde, al castello di tre torri, sormontato da tre stelle di sei raggi male ordinate, il tutto d'oro"[29] Alias, Polizzi di Gerace e Napoli: Semipartito troncato, nel primo di verde a tre stelle di sei raggi male ordinate, nel secondo di azzurro al leone d'oro rampante su palo d'argento, nel terzo alla fenice sorante sopra la sua immortalità, guardante il sole d'oro orizzontale a destra, su sfondo di due montagne, timbro con elmo chiuso di profilo e lambrecchini.[94] Alias, Polizzi di Castrogiovanni e Piazza Armerina, nel 1582: D'azzurro alla fascia d'oro accompagnata in capo da due stelle (8 raggi) accostate racchiuse in profilo e in punta da giglio, il tutto d'oro, timbro con elmo di profilo e lambrecchini.


Note


  1. Per famiglia Polizzi si intende in questa voce il noto lignaggio nobiliare siciliano corrispondente, e non i ceppi familiari solo omonimi, non inclusi nella parentela - naturalmente come in tutti i casi relativi a casate nobili -. Il cogmome Polizzi è comunque il 1007° per diffusione in Italia, con 2184 persone, secondo i dati quantitativi maggiormente inclusivi derivabili dalla rete. Ad esempio, nella Provincia di Palermo, dove maggiore è la concentrazione rispetto alle altre provincie italiane, il cognome Polizzi risulta solo al 57º posto dopo quelli più diffusi, ma già in Provincia di Catania scende al 169°. Sui cognomi maggiormente presenti in Sicilia si rimanda alla voce Cognomi siciliani, dove ovviamente non compare il cognome Polizzi. Fonte: http://cognome.alfemminile.com/w/cognomi/cognome-polizzi.html
  2. Salvo, p. 164.
  3. Arona, p. 294-295; Castelli, p. 141. Domenico entra nell'ordine di Malta il 7 maggio 1729; Gaspare il 18 giugno 1769; Giuseppe il 2 settembre 1795: Bonazzi di Sannicandro, p. 171. Per Francesco cavaliere aurato si veda Castelli di Torremuzza, p. 141.
  4. Mango, Nobiliario di Sicilia, in http://www.bibliotecacentraleregionesiciliana.it/mango/pitr%C3%B9.htm
  5. Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia, p. 311.
  6. Mugnos, 1., p. 208.
  7. Mugnos, 2., p. 117; Giovanni de' Capuccini, p. 352.
  8. Sulla presenza nella provincia di Trapani dei Polizzi ascritti alla nobiltà sin dall'anno 1583 vedi Ristretto di materie storiografe estratto dal Carvini, in http://www.trapaninostra.it/libri/Anna_Burdua/G_Castronovo_-_Casati_nobili_ericini/G_Castronovo_-_Casati_nobili_ericini_06.pdf. Il "nobile cavaliere" Paolo Polizzi da Alcamo, marito di donna Maria-Teresa Maurigi, intorno alla metà dell'Ottocento, è citato, ad esempio, nell'Annuario della nobiltà italiana, 12 (1889), p. 492.
  9. Fodale, Cantale, Troina: problemi, vicende, fonti, Roma: Herder, 1998.
  10. Cancila, Nascita di una città: Castelbuono nel secolo 16., Palermo: Associazione Mediterranea, 2013.
  11. L'etimologia del toponimo è confermata dal geografo Al Idrisi e dalla documentazione di epoca normanna che presenta le grafie Polis e Polic, latinizzate in Politium e Policium. Cfr.: Pellegrini, G. B., 1990.
  12. Il diploma del 1272 è in copia semplice, non autentica, e di epoca moderna: al contrario non esiste traccia, nella coeva documentazione angioina, di tale personaggio Simone "de Polici" o Polisy. Geoffroy de Polisy fu vicario generale e maresciallo angioino in Roma nel 1276, giustiziere in Calabria Ultra, Capitanata e Contado di Molise negli anni 1277-1278, maresciallo angioino in Albania nel 1279-1280. Ma nella genealogia dei de Polisy - ramo cadetto dei conti di Tonnerre e Bar-sur-Aube - non trova posto alcun Simone. Geoffroy de Polisy (Polizi, Polici, Policiacum in latino medioevale) fu signore in Champagne dei castelli di Saint-Phal, Montigny-les-Monts e Jouancy, e in Sicilia barone di Calatabiano: Rôles des fiefs du comté de Champagne, pp. 80-84; Documents relatifs au comté de Champagne, p. 203.
  13. Agnello, p. 312, 317.
  14. Barberi, Il 'Magnum Capibreviuim', 2., p. 604; Fodale, pp. 157-159.
  15. Pasciuta, p. 396.
  16. Marrone, p. 805; Antinoro, Il territorio di Favara, in http://www.favara.biz/memorie_storiche/centro_storico.htm; Fodale, pp. 158-159.
  17. Barberi, p. 186.
  18. Sardina, Il notaio Vitale de Filesio, pp. 430-431.
  19. Sardina, Palermo e i Chiaromonte, p. 217.
  20. Naymo, p. 87.
  21. Giovanni de' Cappuccini, pp. 352, 510.
  22. http://www.ilcampanileenna.it/files/DICEMBRE-2009.pdf
  23. Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale in Sicilia, Ripartimento Polizia, Repertorio anno 1828, in http://www.archiviodistatodipalermo.it/files/inventari/file/1828.pdf
  24. Il Conte di Castrogiovanni - Il Campanile Enna
  25. Catalano, pp. 58, 63.
  26. Santoro, p. 81.
  27. Mugnos, p. 116.
  28. Graeve, Thesaurus antiquitatum et historiarum Siciliae, col. 170.
  29. Mango di Casalgerardo, A., 1912.
  30. Regesto de' diplomi dell'Archivio Pignatelli di Palermo, a cura di Giuseppe Pipitone-Federico, Milano-Palermo-Napoli: Remo Sandron, 1906, pp. 104-105; Mugnos, p. 208;Re Filippo assegna l'ufficio di Razionale del Regno di Sicilia a Bernardo Sarzana che succede a Vincenzo Polizzi, in http://www.archivi-sias.it/Scheda_pergamene.asp?FiltraPergamene=70015790 Archiviato il 23 settembre 2015 in Internet Archive.
  31. Mugnos, p. 117: Bartolomeo de Masbel descendente de' predetti, e figlio di Martino de Masbel e di Maria di Monroidon, di Barcellona venne in Sicilia con carico di Capitan di Fanteria nel regimento dell'Imperator Carlo Quinto nel 1535 al quale nell'arte militare molt'anni havea servito. Si casó perciò in Palermo con Giovanna figlia di D. Bernardino di Termine, Barone di Birribaida e Calamonaci, essendo Cavalier virtuoso fu nel 1538 promosso nell'ufficio di Senatore della città di Palermo...Procreó questi D. Maria, che restó herede in 700 scudi, che dovea la Regia Gran Corte a Girolamo di Termine Vescovo di Mazara suo zio, i quali furono pagatí per ordine di Filippo Secondo, con lettere dirette a Marc'Antonio Colonna Viceré di Sicilia, e fi casó col Dottor D. Cola Polizzi, figlio di Vincenzo Polizzi, che col figlio Lorenzo servirono con molti carichi il medefimo Re. Procreó parimente D. Ludovico Masbel, che fu Canonico e Decano della Metropoli di Palermo essendo in età di anni 11. per renuntia fattali da D. Girolamo di Termine suo zio Vescovo di Mazara, e con licenza deJl'Imperatore Carlo Quinto data in Bruxelli nel 1556, come anco procreò D. Antonino e D. Placido Monaci Cassinesi, e D. Girolamo che hebbe il titolo di Don, e molte altre prerogative dalla Maestà del Re Filippo Secondo per lui e fratelli e loro heredi in ricompensa di molti militari serviggi. E D. Bernardino Masbel, figlio delli sopradetti Bartolomeo e Giovanna, fu Cavaliere oltre la Nobiltà del sangue illustre per le proprie virtù, fi caso con D. Gislia Lanfranchi e Saladino, fu Maestro Maranmmaro del Senato di Palermo, fu Ospitaliere dell'Ospidale Grande nel 1574 fu Capitano e Giustitiere di detta Città nel 1579 e fu altra volta Ospidaliere nel 1584 nel quale morì.
  32. A 23 anni Stefano Polizzi pubblica De interni et externi hominis cura, placita varia ex variis facultatibus desumpta...Patavii publice disputationis gratia solertissimis Comilitonibus proposita, Padova: Foelix Faustumque Laurentius Pasquatus excudebat, 1566. Il 25 gennaio 1567 Stefano si laurea in arti e medicina alla presenza del cancelliere dell'Università di Padova, il vescovo domenicano e professore di teologia Girolamo Vielmi: Acta graduum academicorum. p. 66.
  33. Mugnos, 1655, p. 287; Mirabella, p. 99, 107. Il "magnificus dominus" Vincenzo Polizzi, nativo di Cerami, si laurea giovanissimo , intorno ai 18 anni, in utroque iure il 18 febbraio 1581, con diploma di Pietro d'Aversa, protonotaro apostolico, vicario generale della diocesi di Catania e vicecancelliere dell'Università di Catania: Archivio di Stato di Palermo, Diplomatico, PDP 057.57 (PVa 112), in http://www.archivi-sias.it/Visualizzatore.asp?XmlPath=http://localhost/Bib_Img/ASPA/Pergamene%20Diversa%20Provenienza/&XmlName=http://localhost/Bib_Img/ASPA/Pergamene%20Diversa%20Provenienza/IT-ASPA-F10341-PDP%20057.xml&Pagina=1&IsSchedaPergamene=70018376.
  34. Archivio di Stato di Palermo, in http://localhost/Bib_Img/ASPA/Pergamene%20Diversa%20Provenienza/IT-ASPA-F10341-PDP%20155.xml&Pagina=1&IsSchedaPergamene=70018528. Tra le opere a stampa di Vincenzo: Speculum vitae, et honestatis clericorum ex iure can. & doctrina s. Caroli card. Borromaei confectum. ... / Vincentius Politius ...Romae : apud haeredem Bartholomaei Zannetti , 1623.
  35. Villabianca, 1., pp. 239, 252.
  36. Auria, pp. 291, 292.
  37. Stellardi, p. 378.
  38. Mulè Bertolo, p. 304.
  39. Raccolta di atti e decreti, in https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=hvd.hnpl1l;view=1up;seq=329;q1=polizzi;start=1;size=10;page=search;num=325 - http://www.icar.beniculturali.it/biblio/pdf/Almanacco/051capXIIIsezII_401_418partI.pdf
  40. Nocella, p. 439.
  41. Venezia, p. 19-20.
  42. Arona, p. 294.
  43. Villabianca, Della Sicilia nobile. Appendice, 2., 3., p. 427.
  44. Museo etnografico e di oggetti sacri di Sorrentini, in Museo Etnoantropologico di Sorrentini - Patti (ME) Archiviato il 14 luglio 2014 in Internet Archive.; "Dispaccio patrimoniale del 22 settembre 1752, con cui fu dichiarato appartenersi alla università di Traina le gabelle degli uficî di segreto di Troina, credenziere. e maestro notare di detta segrezia , ordinandosene la restituzione alla università medesima, a contare dalla morte di D. Silvestre Polizzi, epoca nella quale venne a cessare il titolo della Regia Corte a possedere detta segrezia, come donataria di esso Polizzi": Atti della gran Corte dei conti delegata, 1842, Palermo: Tip. di Bernardo Virzì, 1842, p. 167, in books.google.it/books?id=h1F4pp7IwAIC
  45. F. M. Emanuele e Gaetani, "Diario palermitano...dall'anno 1759 all'anno della XV. indizione 1766 e 1767, Palermo 1874, p. 72."
  46. Alberti, p. 129.
  47. Salvatore Rizzeri, Randazzo città demaniale, in Copia archiviata, su randazzomedievale.it. URL consultato il 12 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 2 settembre 2014).
  48. Randazzo città demaniale Archiviato il 2 settembre 2014 in Internet Archive.
  49. Supplimento, p. 267.
  50. Collezione delle leggi e de' decreti reali del Regno delle Due Sicilie, p. 101.
  51. Musci, p. 33.
  52. Costabile, p. 41.
  53. Naymo, Fonti e ricerche per la storia della Calabria, p. 120; Furfaro, p. 26.
  54. Di Toro, p. 724.
  55. Gemelli, p. 261.
  56. Celano, p. 582.
  57. Sigismondo, p. 143.
  58. Casotti, p. 12: Di Stefano, p. 87-89.
  59. Si veda la recensione delle Effemeridi letterarie di Roma, pp. 324-326: Il Signor Polizzy, il di cui genio, e talenti gli hanno meritato il posto, che occupa di tenente della reale artiglieria, e di professore di matematica nella reale accademia militare del battaglione real Ferdinando, ne intraprende dottamente l'esame; e servendosi de' principj ricavati dalla teoria, e dalla pratica ad evidenza dimostra gli svantaggi delle palle cilindriche in paragone delle sferiche dello stesso diametro.
  60. De Giorgio, p. 295: Con la legge dichiarativa dei varii gradi di nobiltà del 25 gennaio 1766...si prescrisse dover essere i cadetti appartenenti alla prima classe di nobiltà generosa, e che per gli altri corpi basti la nobiltà di 2. rango ch'è quella di privilegio non che la terza. Col real dispaccio de' 24 luglio 1758 si attribuivano gli onori della 1. classe di nobiltà generosa di privilegio ai figli degli uffiziali della segreteria di Stato di Azienda, e quindi erano ammessi tra' cadetti. La pruova della nobiltà generosa dovea farsi dalla real Camera di S. Chiara (real dispaccio del 20 giugno 1763). Poteano ammettersi da volontarii nel Battaglione real Ferdinando e quindi passare come cadetti nell'Esercito, i figli degli uffiziali da capitano in su e i paesani che aveano i requisiti di nobiltà prescritti per cadetti. (R. dispaccio del 17 settembre 1777). L'ascrizione poi al ruolo dei cadetti del battaglione real Ferdinando affini di ascendere ad uffiziale, potevasi implorare da tutti i nobili della Città di Napoli e del Regno (real dispaccio del 7 giugno 1779). A tale normativa probabilmente è da collegare l'attestazione di nobiltà di Vincenzo Polizzi e Napoli del 4 giugno 1778 da parte del Senato di Palermo, poco comprensibile se si trattasse dell'omonimo barone del Pizzuto.
  61. Sansone, pp. 38-39; Manus online, Censimento dei manoscritti delle biblioteche italiane, Napoli, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III, Biblioteca Provinciale, ms.Prov.110, in http://manus.iccu.sbn.it//opac_SchedaScheda.php?ID=115067: I documenti comprendono la corrispondenza tra John Acton e Vincenzo Polizzi. Le cc. 1 e 7 contengono la risposta di Acton alla nota di Polizzi: si conferma l'avvenuta ricezione dei tre stati inviati dal Polizzi, sono date indicazioni relative alle nuove costruzioni, nonché l'ordine per cui il tenente colonnello del corpo reale, Francesco Saverio del Re, deve dipendere dagli ordini del Polizzi. Alla c. 7v si legge una breve descrizione del contenuto della nota di Acton, con la data (9-2-1799) e il destinatario. La nota di Polizzi (cc. 2r-6r), datata 3-2-1799, accompagna tre stati del corpo reale: 1) "Stato del treno di campagna esistente in Sicilia"; 2) "Stato che dimostra il numero di individui del corpo reale esistenti in ciascuna piazza e castello del regno di Sicilia"; 3)"Stato che dimostra il calibro e il numero degli affusti di cannoni costruiti e da costruirsi nella real piazza di Palermo". Alla c. 3v si legge unicamente il nome del Polizzi.
  62. Ilari [et al.], 1., p.142.
  63. De Marco, De Marco, Vincenzo Naymo, pp. 326-327.
  64. Atto di battesimo
  65. Atto di matrimonio
  66. Giurisprudenza civile, p. 532; atto del 7 novembre 1839, relativo a proprietà e locazioni della madre Anna Maria Coscinà in Napoli, consistenti in un molino e diverse case. Il cognome ivi riportato, come in altri atti giuridici, è Polizzi, non il 'francesizzato' Polizzy; Sistema archivistico nazionale, Antenati, gli archivi per la ricerca anagrafica, sub voce, in http://www.antenati.san.beniculturali.it/
  67. Marrone, Le famiglie feudali, p. 105.
  68. Minutolo, p. 170.
  69. Trasselli, Lo stato di Gerace, p. 101-102.
  70. Calabrese, pp. 167, 169, 216; Minutolo, p. 306.
  71. Schillaci, p. 11.
  72. di Sanza d'Alena,in http://www.casadalena.it/famiglia_della_posta.htm
  73. San Martino De Spucches,5., p. 164; Valguarnera. linea principesca, in Libro d'oro della nobiltà mediterranea
  74. Albero genealogico dei Paternò Castello di Carcaci, in http://roccaromana.org/LineaCarcaci.aspx Archiviato il 12 settembre 2018 in Internet Archive.
  75. Mango di Casalgerardo, in http://www.bibliotecacentraleregionesiciliana.it/mango/biasini.htm; San Martino De Spucches, 2., p. 306.
  76. San Martino De Spucches, 9., pp. 342, 349.
  77. Camera dei Deputati, Portale storico, Paolo Vagliasindi del Castello, in http://storia.camera.it/deputato/paolo-vagliasindi-del-castello-18580916/governi?reloaded#nav
  78. L'Araldo, p. 79; Rendiconti del Parlamento italiano, p. 83.
  79. Annuario della nobiltà, 12., p. 327.
  80. Apre la Galleria "Pantaleone", in La Sicilia del 14 settembre 2012, in patrimonio sos: in difesa dei beni culturali e ambientali
  81. Cancila, 2., p. 374.
  82. Cancila,2.,p. 395.
  83. Gaetano Masuzzo, Famiglia Polizzi, in Cronologia di Piazza Armerina, in https://cronarmerina.blogspot.it/2014/12/famiglia-polizzi.html
  84. Foti, Scalisi, p. 79.
  85. Schillaci, p. 17.
  86. San Martino De Spucches, 7., p. 428.
  87. Sacrae regiae visitationis, pp. 237, 241, 449, 466.
  88. San Martino De Spucches, 10., pp. 239-240.
  89. San Martino De Spucches, 5., p. 229; 8., p. 114.
  90. Ortolani, p. 100.
  91. San Martino De Spucches, 6., p. 25.
  92. Archivio di Stato di palermo, Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale in Sicilia, Ripartimento Polizia, Repertorio anno 1839, p. 51, in http://www.archiviodistatodipalermo.it/files/inventari/file/1282111369anno1839.pdf
  93. http://www.myhomeinsicily.com/index.php/it/ville-di-lusso-appartamenti-ville-sicilia/masserie-sicilia-affitto/57-borgo-angeli.html: "Il barone Polizzi, morì però senza eredi, e per un periodo la proprietà fu amministrata da una sorella che aveva preso i voti. Dopo essere stato gestito per qualche tempo dalla curia di Monreale, fu messo in vendita e acquistato dagli attuali proprietari che negli anni seguenti lo hanno riportato ad antico splendore."
  94. Mugnos, 1., p. 208: "altri della famiglia Polizzi tolgono pure un palo d'argento, trattenuto da un leone d'oro in campo azzurro". Gli smalti e metalli del blasone lapideo sulla tomba di Ottavio Polizzi da Gerace non sono leggibili. Ipoteticamente il terzo elemento potrebbe significare una parentela con la famiglia Rao di Messina, che possiede identico disegno araldico; in questo caso lo sfondo sarebbe azzurro e la fenice argento. Il leone rampante d'oro in campo azzurro è ripreso probabilmente dal blasone dei conti di Brienne, che i Polizzi credettero - o vollero far credere - loro antenati. Geoffroy de Polisy, consanguineo dei Brienne, fu barone di Calatabiano, fra il 1272 e il 1279, oltre che giustiziere in Calabria e Puglia durante la dominazione angioina: Catalioto, p. 17.

Bibliografia



Voci correlate


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